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Il Brasile, il più grande paese dell'America Latina, vanta una storia segnata da esplorazioni, conquiste, colonizzazioni, schiavitù, rivolte e transizioni politiche. Il percorso storico che ha condotto il Brasile da una colonia portoghese a una delle più grandi democrazie del mondo è affascinante e denso di eventi che hanno influenzato la sua cultura, economia e struttura sociale.
Nel 1500, l'esploratore portoghese Pedro Álvares Cabral, al comando di una flotta inviata dal re del Portogallo, avvistò per la prima volta le coste del Brasile, sbarcando in una regione che fu inizialmente battezzata Terra di Santa Cruz. L'esplorazione e la successiva colonizzazione della regione furono fortemente influenzate dalla ricchezza di una pianta locale, il pau-brasil, un albero dal legno pregiato che divenne la principale merce di esportazione nei primi anni. Questo albero rosso, utilizzato per produrre un colorante, divenne così rilevante che presto la terra fu chiamata "Brasil".
Nonostante il Brasile fosse stato scoperto dai portoghesi, all'inizio non rappresentava una priorità per la Corona lusitana, già impegnata nelle fiorenti colonie africane e indiane. Tuttavia, la presenza di altre potenze europee, come la Francia e la Spagna, costrinse il Portogallo a difendere la nuova colonia. Nel 1530, i portoghesi intrapresero una politica di colonizzazione più strutturata, con la fondazione delle prime capitanias hereditárias, o suddivisioni territoriali, che dovevano facilitare l'amministrazione del vasto territorio.
Nel 1533, re Giovanni III di Portogallo divise il Brasile in 12 capitanie, ciascuna delle quali fu affidata a nobili portoghesi che avevano il compito di sviluppare e difendere i territori a loro concessi. Tuttavia, molte di queste capitanie non ebbero successo a causa della mancanza di risorse, della distanza dalla madrepatria e delle costanti minacce degli indigeni e di altre potenze europee.
Per migliorare la situazione e stabilizzare la colonia, nel 1549 il re inviò Tomé de Souza come primo governatore generale del Brasile, con l'incarico di centralizzare il controllo e costruire la capitale a Salvador de Bahia. Sotto la sua guida, il Brasile cominciò a stabilizzarsi politicamente e militarmente, riuscendo a respingere i tentativi francesi di stabilire colonie sulla costa.
Un aspetto fondamentale della storia coloniale del Brasile è legato alla schiavitù. Fin dai primi decenni della colonizzazione, la mano d'opera africana schiavizzata divenne essenziale per sostenere l'economia delle piantagioni, in particolare per la produzione di zucchero, che divenne la principale merce di esportazione del Brasile. Il Trattato di Tordesillas aveva assegnato al Portogallo una parte del Sud America che si rivelò estremamente fertile, e il clima della regione costiera del Brasile era ideale per la coltivazione della canna da zucchero.
Con il tempo, la richiesta di manodopera aumentò drammaticamente, e il commercio degli schiavi africani divenne una parte fondamentale dell'economia brasiliana. Gli schiavi lavoravano in condizioni terribili e molti cercarono di fuggire. Nel XVII secolo, gli schiavi fuggiti fondarono la Repubblica di Palmares, uno Stato nero indipendente situato nell'attuale Pernambuco. Palmares resistette per più di 40 anni prima di essere distrutta dalle forze portoghesi nel 1697.
Con l'inizio del XVIII secolo, l'economia brasiliana si trasformò ulteriormente grazie alla scoperta di oro e diamanti nelle regioni interne di Minas Gerais, Goiás e Mato Grosso. Queste scoperte attirarono migliaia di persone, e il Brasile divenne rapidamente il centro della corsa all'oro nel Sud America. Le miniere, tuttavia, erano spesso controllate da pochi ricchi proprietari, mentre la maggior parte dei lavoratori, sia indigeni che schiavi africani, continuavano a vivere in condizioni di estrema povertà.
Questo periodo vide anche l'ascesa del potere dei bandeirantes, esploratori e mercenari che penetravano nell'interno del Brasile alla ricerca di schiavi e ricchezze. Sebbene abbiano contribuito in modo significativo all'espansione territoriale del Brasile, i bandeirantes sono noti per la brutalità con cui trattavano gli indigeni.
Nella seconda metà del XVIII secolo, il ministro portoghese Sebastião José de Carvalho e Melo, marchese di Pombal, avviò una serie di riforme economiche e amministrative mirate a rafforzare il controllo della corona sul Brasile. Una delle sue mosse più significative fu l'abolizione della schiavitù indigena e l'espulsione dei Gesuiti nel 1759. I Gesuiti avevano giocato un ruolo chiave nell'evangelizzazione e nella protezione degli indigeni, e la loro espulsione ebbe conseguenze significative per l'organizzazione sociale e religiosa della colonia.
Tuttavia, le riforme di Pombal non furono sufficienti a placare il crescente malcontento tra i coloni brasiliani. Le pesanti tasse imposte dalla madrepatria e il monopolio commerciale del Portogallo provocarono un sentimento di ribellione, culminato nel tentativo di rivoluzione del 1789, noto come Inconfidência Mineira. La ribellione, ispirata dalle idee dell'Illuminismo e dalla Rivoluzione americana, fu sventata dalle autorità portoghesi, e il suo leader, Tiradentes, fu giustiziato nel 1792. Tuttavia, il movimento lasciò un'eredità duratura e ispirò future rivolte per l'indipendenza.
La svolta decisiva nella storia brasiliana arrivò nel 1808, quando la famiglia reale portoghese, guidata dal re Giovanni VI, fuggì in Brasile per sfuggire all'invasione napoleonica del Portogallo. Questo evento ebbe conseguenze profonde per la colonia. La capitale fu trasferita a Rio de Janeiro, e il Brasile divenne effettivamente il centro dell'Impero portoghese.
Nel 1815, il Brasile fu elevato al rango di Regno Unito del Portogallo e del Brasile, ma le tensioni tra i coloni e la madrepatria continuarono a crescere. Quando Giovanni VI tornò in Portogallo nel 1821, lasciò il figlio Pedro come reggente. Nel 1822, sotto la crescente pressione dei movimenti indipendentisti, Pedro proclamò l'indipendenza del Brasile con il famoso grido: "Indipendenza o morte!". Il Brasile divenne un impero con Pedro I come primo imperatore.
Il Brasile passò attraverso un periodo di transizione politica durante l'Impero. Pedro I, nonostante avesse guadagnato la fiducia del popolo con l'indipendenza, incontrò crescenti difficoltà nel mantenere il controllo su un vasto e diversificato impero. Dopo aver abdicato nel 1831 a favore del figlio Pedro II, il Brasile entrò in un lungo periodo di stabilità politica e prosperità economica.
Pedro II, che regnò fino al 1889, fu un sovrano illuminato che promosse la modernizzazione del paese, incoraggiando l'industrializzazione e le riforme educative. Tuttavia, la crescente opposizione alla schiavitù e il desiderio di riforme repubblicane crebbero costantemente durante il suo regno. L'abolizione della schiavitù nel 1888, grazie all'influenza della principessa Isabella, fu un punto di svolta. Anche se salutata come una vittoria per i diritti umani, l'abolizione alienò Pedro II dai potenti proprietari terrieri, portando alla sua deposizione nel 1889 e all'instaurazione della Prima Repubblica Brasiliana.
La Repubblica del Brasile (1889-1930) fu segnata da un forte controllo da parte dell'élite agraria e da frequenti turbolenze politiche. Il potere si concentrò principalmente nelle mani di due Stati, São Paulo e Minas Gerais, che si alternavano al controllo del governo attraverso un sistema noto come "politica del caffè con latte", in riferimento alle principali industrie dei due Stati (il caffè e il latte).
Tuttavia, le disuguaglianze sociali e la marginalizzazione delle classi lavoratrici e delle minoranze etniche continuarono a crescere. La Prima Repubblica fu anche caratterizzata da un crescente coinvolgimento delle forze armate nella politica del paese.
Nel 1930, un colpo di stato portò al potere Getúlio Vargas, che governò il Brasile per quasi due decenni. Il suo regime segnò una svolta radicale per il paese, introducendo una serie di riforme economiche e sociali che modernizzarono il Brasile. Durante il suo governo, Vargas promosse l'industrializzazione, la centralizzazione del potere e la creazione di leggi a favore dei lavoratori, stabilendo anche uno stato corporativo ispirato ai modelli fascisti europei.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, Vargas abbandonò il suo flirt iniziale con i regimi fascisti europei e si schierò con gli Alleati, inviando truppe brasiliane a combattere in Italia. Tuttavia, nel dopoguerra, le pressioni per una maggiore democrazia crebbero, e Vargas fu costretto a dimettersi nel 1945.
Il Brasile visse diversi decenni di turbolenze politiche, culminati con il colpo di stato militare del 1964, che portò a una dittatura militare durata fino al 1985. Durante questo periodo, il regime impose una forte repressione dei dissidenti politici, ma avviò anche importanti progetti infrastrutturali e promosse una rapida crescita economica.
La transizione alla democrazia cominciò negli anni '80, con l'elezione indiretta di Tancredo Neves nel 1985, che segnò la fine del regime militare e l'inizio di una nuova era di governo civile. La Costituzione del 1988 stabilì un quadro democratico che garantiva diritti civili, politici e sociali, avviando un periodo di stabilità politica.