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Il Suriname, una piccola nazione situata nella parte nord-orientale del Sud America, ha una storia complessa. La sua posizione strategica sulla costa atlantica, tra le acque del fiume Suriname e l’oceano, ha attirato l’interesse di diverse potenze coloniali europee. Tuttavia, la colonizzazione del Suriname è stata molto più complessa e lenta rispetto ad altre regioni del Nuovo Mondo. La resistenza delle popolazioni indigene e le difficoltà ambientali hanno reso questa terra un luogo difficile da conquistare. Solo attraverso una lunga e complicata storia di occupazione e dominazione, il Suriname ha raggiunto l'indipendenza nel 1975.
Le terre che oggi costituiscono il Suriname furono scoperte da Cristoforo Colombo durante il suo secondo viaggio nel Nuovo Mondo nel 1498. Tuttavia, per più di un secolo, l’area rimase fuori dai radar dei colonizzatori europei. A differenza di altre regioni del Sud America, le popolazioni indigene del Suriname, principalmente le tribù Arawak e Carib, si opposero strenuamente alla dominazione straniera. La loro ostilità e le condizioni naturali inospitali della costa atlantica fecero sì che il Suriname rimanesse relativamente incontaminato dal colonialismo europeo fino al XVII secolo.
Nel XVII secolo, mentre gli spagnoli e i portoghesi consolidavano il loro dominio in gran parte del Sud America, altre potenze europee iniziarono a interessarsi alla regione delle Guiane, di cui il Suriname fa parte. Francesi e inglesi tentarono di stabilire colonie nella zona, ma trovarono difficoltà a mantenere il controllo a causa della resistenza indigena e delle difficoltà di adattamento al territorio.
Nel 1651, gli inglesi, guidati da Lord Willoughby, fondarono la prima colonia permanente nella regione. Tuttavia, nel 1667, il Suriname passò sotto il controllo olandese in seguito alla firma del Trattato di Breda. Con questo trattato, gli olandesi cedettero la Nuova Amsterdam (l'attuale New York) agli inglesi in cambio del controllo sulla colonia del Suriname. Da quel momento, il Suriname divenne una colonia olandese, segnando l'inizio di un periodo di grande trasformazione economica e sociale per la regione.
Sotto il dominio olandese, il Suriname divenne una delle colonie più prospere della regione, grazie alle sue fertili terre costiere che furono bonificate attraverso la creazione di polders, un sistema di dighe e canali. Questi polders permisero agli olandesi di coltivare canna da zucchero, caffè e altre colture commerciali, rendendo il Suriname un importante fornitore di prodotti agricoli per il mercato europeo.
Tuttavia, questa prosperità economica fu ottenuta a caro prezzo. Gli olandesi importarono migliaia di schiavi africani per lavorare nelle piantagioni, e il Suriname divenne tristemente noto per la crudeltà del suo sistema schiavistico. Gli schiavi vivevano in condizioni disumane e molti tentarono la fuga. Alcuni di questi schiavi fuggitivi, noti come "Marroni", riuscirono a stabilire comunità autonome nelle giungle dell'entroterra e resistettero con successo agli olandesi per diversi decenni.
Durante il XVIII secolo, il Suriname fu spesso teatro di rivolte da parte degli schiavi, sia africani che indigeni. Questi movimenti di resistenza rappresentarono una sfida costante per le autorità coloniali, che cercavano di mantenere il controllo attraverso la repressione violenta.
Nonostante queste rivolte, la colonia continuò a prosperare economicamente. Nel 1781, il Suriname subì un breve periodo di occupazione inglese e francese durante le guerre napoleoniche, ma la colonia fu restituita agli olandesi nel 1814, con i confini che più o meno corrispondono a quelli odierni. Tuttavia, l'abolizione della schiavitù nel 1863 segnò un punto di svolta nella storia del Suriname. Dopo l'abolizione, i piantatori iniziarono a importare lavoratori a contratto dall'India, dall'Indonesia e dalla Cina, aggiungendo ulteriori strati di diversità culturale alla popolazione del Paese.
Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, il Suriname, come molte altre colonie, iniziò a fare pressioni per ottenere maggiori diritti e autonomia. Nel 1954, la regina Giuliana dei Paesi Bassi firmò lo Statuto del Regno dei Paesi Bassi, che concedeva al Suriname uno status di autonomia interna all'interno del regno olandese. Questa concessione rappresentava un passo importante verso l'indipendenza, ma il percorso fu tutt'altro che facile.
Durante gli anni '60, la popolazione del Suriname crebbe in termini di consapevolezza politica e nazionalista, con molti leader locali che chiedevano la completa indipendenza dagli olandesi. Il 25 novembre 1975, il Suriname ottenne finalmente la sua indipendenza, diventando una repubblica sovrana. Il nuovo Stato mantenne legami stretti con i Paesi Bassi, ma fu libero di stabilire le proprie politiche interne ed esterne.
L’indipendenza, tuttavia, non portò immediatamente alla stabilità politica. Nel 1980, un colpo di stato militare guidato da Desi Bouterse rovesciò il governo civile e instaurò un regime militare che durò per gran parte degli anni '80. Questo periodo fu segnato da repressioni politiche e violenze, compreso il tristemente noto Massacro di Dicembre del 1982, in cui furono giustiziati diversi oppositori del regime.
Dopo anni di governo autoritario, il Suriname tornò alla democrazia nel 1987 con l'adozione di una nuova costituzione. Da allora, il Paese ha vissuto un difficile cammino verso la stabilità politica e la crescita economica, con alti e bassi che hanno caratterizzato la sua storia recente. Nonostante le sfide, il Suriname è riuscito a mantenere una democrazia funzionante e a sviluppare un'identità nazionale unica, basata sulla sua ricca diversità culturale.