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La storia dello Zimbabwe è una narrazione che attraversa secoli di evoluzione politica, sociale ed economica. Dalle sue antiche civiltà al dominio coloniale britannico, fino all'indipendenza e alle sfide moderne, lo Zimbabwe ha vissuto una serie di trasformazioni che hanno profondamente influenzato la sua identità nazionale.
Prima dell'arrivo dei coloni europei, il territorio che oggi chiamiamo Zimbabwe era abitato da antiche civiltà che costruirono imponenti strutture in pietra, come il Grande Zimbabwe. Questo sito archeologico, risalente al periodo tra l'XI e il XV secolo, fu il centro di un regno prospero noto per il commercio di oro e avorio. Il Grande Zimbabwe rappresenta un simbolo di orgoglio nazionale e testimonia l'esistenza di una società complessa e organizzata molto prima dell'arrivo degli europei.
Nel 1890, la "colonna pioniera" britannica guidata da Leander Starr Jameson entrò nella regione in cerca di oro e terre fertili, segnando l'inizio della colonizzazione europea. La regione, ricca di risorse naturali, attirò l'interesse di Cecil Rhodes, un imprenditore britannico che aveva fondato la British South Africa Company (BSAC). Grazie all'influenza di Rhodes, il territorio fu annesso alla BSAC e venne denominato Rhodesia, in onore del suo fondatore.
Nel 1923, la Rhodesia del Sud divenne una colonia britannica autonoma. Questa mossa segnò un passo importante nella storia della regione, poiché il controllo amministrativo passò dalla BSAC al governo coloniale britannico. Durante questo periodo, la popolazione bianca aumentò notevolmente, con un numero crescente di europei che si stabilirono nel paese, occupando le migliori terre agricole e dominando l'economia.
Nel 1953, la Rhodesia del Sud si unì alla Rhodesia del Nord (l'attuale Zambia) e al Nyasaland (oggi Malawi) per formare la Federazione di Rhodesia e Nyasaland. Questa federazione era vista come un modo per mantenere il controllo britannico sulla regione e promuovere lo sviluppo economico attraverso una cooperazione interregionale. Tuttavia, la federazione si rivelò impopolare tra la maggioranza africana e si sciolse nel 1963, quando Zambia e Malawi ottennero l'indipendenza. La Rhodesia del Sud, tuttavia, rimase sotto il controllo britannico, con una crescente tensione tra la minoranza bianca dominante e la maggioranza nera oppressa.
Nel 1965, il primo ministro della Rhodesia del Sud, Ian D. Smith, proclamò unilateralmente l'indipendenza dal Regno Unito, creando un precedente nella storia coloniale britannica. Questa decisione fu motivata dal desiderio di mantenere il dominio della minoranza bianca sulla popolazione nera, nonostante la crescente pressione internazionale per l'implementazione di un governo maggioritario. La dichiarazione di indipendenza provocò un immediato embargo commerciale e l'imposizione di sanzioni internazionali da parte del Regno Unito e delle Nazioni Unite.
Negli anni '60 e '70, il paese fu teatro di una guerriglia intensa, con i gruppi nazionalisti neri che combattevano per porre fine al dominio della minoranza bianca. Il conflitto fu alimentato dal sostegno internazionale, in particolare dal Mozambico indipendente, che appoggiava i movimenti di liberazione. Il Fronte Patriottico, guidato da Robert Mugabe e Joshua Nkomo, divenne una forza trainante nella lotta contro il regime di Smith, mentre la Rhodesia si trovava sempre più isolata a livello internazionale.
Nel 1978, nel tentativo di risolvere il conflitto e preservare il potere della minoranza bianca, Ian Smith negoziò un accordo interno con alcuni leader neri moderati. Tuttavia, questo accordo fu ampiamente considerato insufficiente, poiché escludeva i principali gruppi di liberazione, il Fronte Patriottico, che continuarono la loro lotta armata. La situazione si deteriorò ulteriormente, portando il paese verso una crisi inevitabile.
Nel 1979, dopo anni di conflitto e pressione internazionale, venne raggiunto un accordo a Londra, noto come Accordo di Lancaster House. Questo accordo stabilì le condizioni per un cessate il fuoco, nuove elezioni e la transizione verso l'indipendenza. Nel 1980, si tennero le prime elezioni libere dello Zimbabwe, che portarono alla vittoria del Fronte Patriottico guidato da Robert Mugabe. Il paese ottenne ufficialmente l'indipendenza il 18 aprile 1980 e prese il nome di Zimbabwe, rendendo omaggio alla sua eredità precoloniale.
Robert Mugabe, inizialmente celebrato come un eroe della liberazione, divenne primo ministro e successivamente presidente dello Zimbabwe. Sotto il suo governo, il paese adottò una politica di stampo marxista-leninista, con l'intento di redistribuire le terre e promuovere lo sviluppo economico. Tuttavia, le elezioni del 2002 e del 2005 furono segnate da accuse di brogli e repressione, con l'opposizione che denunciava una crescente deriva autoritaria del regime.
Negli anni 2000, lo Zimbabwe sprofondò in una grave crisi economica e sociale. La politica di redistribuzione delle terre, implementata senza compensazione adeguata e spesso in modo violento, portò al collasso del settore agricolo, una delle principali fonti di reddito del paese. L'inflazione salì a livelli stratosferici, raggiungendo il picco con tassi del 79.6 miliardi per cento nel novembre 2008, causando una devastante crisi economica e un'emigrazione di massa. Nonostante la crescente opposizione interna ed esterna, Mugabe rimase al potere fino al 2017, quando fu costretto a dimettersi in seguito a un colpo di stato militare.