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La storia moderna di Gibuti inizia nel 1839, quando la Francia firmò un contratto commerciale con i dancali, un gruppo etnico che abitava la costa settentrionale del Golfo di Tadjoura. Questo accordo segnò l'inizio della presenza francese nella regione, che mirava a stabilire il controllo sull'ingresso strategico del Mar Rosso.
Gli interessi francesi inizialmente si concentrarono sul porto di Obock, che divenne un importante avamposto per le attività commerciali e militari francesi. Tuttavia, la crescente concorrenza delle potenze coloniali italiane e britanniche – in particolare l'Italia con Massaua e la Gran Bretagna con Aden – spinse la Francia a espandere la propria presenza nella regione.
Nel 1895, per controbilanciare le ambizioni coloniali italiane e britanniche, i francesi fondarono la città di Gibuti. Questa nuova città divenne rapidamente un centro di commercio strategico grazie alla costruzione della ferrovia franco-etiopica, che collegava Gibuti ad Addis Abeba, capitale dell'Etiopia. Questa linea ferroviaria, completata tra il 1897 e il 1917, consolidò la posizione di Gibuti come snodo commerciale fondamentale nel Corno d'Africa.
Durante il periodo interbellico, le autorità coloniali francesi cercarono di mantenere un equilibrio tra i due principali gruppi etnici della regione: gli Issa e gli Afar. Sebbene i francesi riuscissero a gestire le tensioni tra i due gruppi, gli Issa, appartenenti all'etnia somala, riuscirono a ottenere una certa supremazia politica, che avrebbe avuto ripercussioni significative nel periodo successivo.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, nel 1945, Gibuti, allora conosciuta come la Costa dei Somali, fu eretta a Territorio d'Oltremare, un cambiamento che rifletteva il nuovo assetto giuridico delle colonie francesi. Negli anni '60, con il crescente fermento politico nel Corno d'Africa e la spinta verso l'indipendenza delle colonie africane, le tensioni tra i gruppi etnici di Gibuti si intensificarono.
Nel 1967, un referendum fu indetto per decidere il futuro di Gibuti. Circa il 60% dei votanti optò per mantenere lo status quo, e fu promulgato uno statuto che conferiva a Gibuti una certa autonomia interna. Il paese fu rinominato Territoire Français des Afars et des Issas, riflettendo la composizione etnica della popolazione. In seguito alle elezioni del 1968, la supremazia afar fu consolidata, con gli Afar che ottennero 26 dei 32 seggi nella nuova Camera dei Deputati.
Con l'afflusso di immigrati somali e fuoriusciti, il gruppo Issa rafforzò la propria posizione, portando a nuove tensioni. La rivoluzione etiopica del 1974 ebbe un impatto significativo su Gibuti, poiché convinse la Francia a rivedere la propria posizione e a negoziare per l'indipendenza del territorio.
Nel 1975, iniziarono i negoziati tra la Francia e i leader locali per l'indipendenza di Gibuti. Questo processo culminò nel 1977, quando, dopo un referendum e le elezioni legislative, l'indipendenza fu ufficialmente proclamata il 27 giugno 1977. Il Rassemblement Populaire pour l'Indépendance ottenne tutti i seggi nella nuova Camera dei Deputati, e Hassan Gouled Aptidon fu nominato primo presidente dello Stato indipendente di Gibuti.
Dopo l'indipendenza, la politica di Gibuti fu caratterizzata da un delicato equilibrio tra le due principali comunità etniche, gli Issa e gli Afar. Il presidente Aptidon cercò di promuovere l'identità araba della nuova repubblica, enfatizzando l'importanza dell'Islam come elemento unificante. Tuttavia, le tensioni tra i gruppi etnici rimasero una sfida costante per la stabilità del paese.
Nel 1981, la Lega Popolare per il Progresso divenne l'unico partito politico del paese, consolidando il potere nelle mani del governo di Aptidon. Le elezioni del 1987 videro la presentazione di liste uniche, riflettendo un sistema politico dominato da un solo partito.
All'inizio degli anni '90, in risposta alle pressioni interne ed esterne, emersero tendenze di opposizione che chiedevano un regime più democratico. Questo periodo segnò l'inizio di un graduale processo di apertura politica, anche se Gibuti continuò a essere governato principalmente dal partito al potere.