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L'Iran, un Paese dalle radici storiche profonde, ha svolto un ruolo centrale nella storia mondiale, grazie alla sua posizione geografica strategica e alla sua ricca eredità culturale. Con una storia che abbraccia oltre duemila anni, l'Iran ha visto l'ascesa e la caduta di imperi, guerre con potenze straniere, e rivoluzioni interne che hanno trasformato il tessuto della nazione.
L'inizio della storia dell'Iran è strettamente legato alla caduta dell'Impero assiro nel 612 a.C., quando emersero nuove potenze nell'Altopiano iranico, tra cui i Medi e i Persiani, due tribù di stirpe ariana. I Medi, una popolazione organizzata e forte, si stabilirono a Ecbatana (l'odierna Hamadan), dove fondarono la loro capitale. Sotto il regno di Ciassare, i Medi sottomisero i Persiani e giocarono un ruolo cruciale nella distruzione della capitale assira, Ninive, segnando così la fine di un'era per l'Assiria e l'ascesa di una nuova potenza regionale.
Tuttavia, il predominio medi durò relativamente poco. Attraverso una serie di complesse lotte interne, il potere passò ai Persiani, un popolo già sottomesso, ma destinato a lasciare un'impronta indelebile sulla storia della regione.
L'ascesa dei Persiani iniziò sotto il comando di Ciro II, noto come Ciro il Grande (558-528 a.C.). Fondatore della dinastia achemenide, Ciro fu un leader carismatico e un abile stratega militare. Nel 550 a.C., Ciro rovesciò il regno dei Medi e unificò le tribù persiane, dando vita a uno dei più grandi imperi della storia antica. L'Impero achemenide si estendeva dall'India al Bosforo e dall'Egitto meridionale fino al Sir-Darja, una vasta estensione che rese l'Iran una delle civiltà più potenti dell'epoca.
Ciro è ricordato non solo per le sue conquiste, ma anche per la sua politica di tolleranza religiosa e culturale. Fu lui a liberare gli ebrei dalla schiavitù babilonese e a permettere loro di ritornare in patria, un atto che lo consacrò come un sovrano giusto e illuminato.
Le capitali dell'Impero, Susa (capitale invernale) e Ecbatana (capitale estiva), divennero centri di ricchezza e potere, irradiando una pace stabile che durò circa due secoli. Nonostante alcune sconfitte militari, come quelle inflitte dai greci a Maratona (490 a.C.) e Salamina (480 a.C.), l'Impero achemenide rimase una potenza incontrastata fino alla sua caduta.
L'Impero achemenide si concluse con l'invasione di Alessandro Magno nel 336-323 a.C. Dopo aver sconfitto il re persiano Dario III nella battaglia di Gaugamela nel 331 a.C., Alessandro si proclamò il nuovo sovrano dell'Impero persiano. Se il suo sogno fosse stato realizzato, avrebbe potuto fondere le culture greca e persiana, creando una civiltà mista. Tuttavia, alla sua morte nel 323 a.C., il suo ambizioso progetto fallì. Al suo posto sorsero regni locali ellenistici, che si adattarono alla realtà regionale, ma non riuscirono a concretizzare la visione di Alessandro.
Dopo la morte di Alessandro, il suo impero si frantumò tra i suoi generali. La Persia cadde sotto il controllo della dinastia Seleucide, fondata da Seleuco I, uno dei successori di Alessandro. Tuttavia, il dominio seleucide durò poco più di un secolo.
Nel 250 a.C., una nuova potenza emerse nell'Iran orientale: i Parti del Khorasan. Guidati da Arsace I, i Parti riuscirono a cacciare i Seleucidi e a fondare la dinastia Arsacide. Questo nuovo impero iranico resse le sorti della regione fino al 224 d.C. e riuscì a mantenere la sua indipendenza dalle aggressioni dell'Impero romano, con cui ebbe frequenti scontri. Il periodo arsacide fu caratterizzato da una fusione di elementi culturali iranici e greci, ma la dinastia fu sempre attenta a mantenere una propria identità iranica, pur essendo influenzata dall'ellenismo.
Nel 224 d.C., i Sassanidi rovesciarono gli Arsacidi e fondarono un nuovo impero sotto la guida di Ardashir I. La dinastia sassanide, durata fino al 651 d.C., fu caratterizzata da un forte senso di nazionalismo persiano e da un rigido sistema di governo centralizzato. Contrariamente agli Arsacidi, che avevano abbracciato elementi della cultura ellenica, i Sassanidi cercarono di ripristinare la tradizione achemenide, sradicando ogni influenza straniera.
Uno degli imperatori più celebri dei Sassanidi fu Shapur I, che sconfisse l'Impero romano in diverse occasioni e catturò l'imperatore romano Valeriano. Il regno sassanide fu anche segnato da una lunga lotta con l'Impero bizantino, spesso con motivazioni religiose. Mentre i bizantini rappresentavano il cristianesimo, i Sassanidi difendevano il mazdeismo, una religione zoroastriana.
L'Impero sassanide, indebolito da continue guerre con Bisanzio, fu travolto dall'espansione islamica nel 651 d.C. Dopo la battaglia di Qadisiyya e la caduta di Ctesifonte, la capitale sassanide, i Persiani furono sottomessi al dominio dei califfati arabi. Tuttavia, anche se l'Iran fu convertito all'Islam, i Persiani riuscirono a preservare gran parte della loro identità culturale.
Gli arabo-persiani giocarono un ruolo cruciale nella diffusione della cultura islamica. Filosofo come Avicenna (Ibn Sina) e matematici come Al-Khwarizmi contribuirono in modo significativo allo sviluppo della scienza e della filosofia islamica. Tuttavia, il cuore della nazione persiana rimase latente, in attesa di un'opportunità per riaffermarsi.
La nazione persiana riacquistò pienamente la sua identità sotto la dinastia Safavide, fondata nel 1501 da Shah Ismail I. I Safavidi segnarono una rinascita del potere iranico e stabilirono Isfahan come una delle città più splendide dell'Oriente. Questo periodo fu caratterizzato da grandi innovazioni artistiche, soprattutto nel campo della pittura, della calligrafia e dell'architettura.
I Safavidi furono anche responsabili della diffusione del sciismo duodecimano come religione di Stato, una caratteristica che distingue ancora oggi l'Iran dagli altri Paesi musulmani, prevalentemente sunniti. La loro regola si protrasse fino al 1736, quando l'impero iniziò a declinare sotto la pressione delle potenze esterne, in particolare l'Impero Ottomano.
Nel XIX secolo, l'Iran divenne un campo di battaglia per le influenze imperiali della Russia e della Gran Bretagna. Questi due imperi cercarono di sfruttare l'Iran per i propri interessi strategici, con la Russia che premeva dal nord e la Gran Bretagna che avanzava dall'India e dal Golfo Persico. L'Intesa anglo-russa del 1907 suddivise il Paese in sfere di influenza, con una parte sotto il controllo russo, un'altra sotto quello britannico e una zona neutrale.
Nel 1941, la pressione congiunta di Gran Bretagna e Unione Sovietica costrinse lo Scià Reza Pahlavi ad abdicare, accusato di filogermanismo durante la Seconda Guerra Mondiale. Gli successe il figlio, Muhammad Reza Pahlavi, che sarebbe diventato l'ultimo scià dell'Iran.
Negli anni '70, l'Iran entrò in un periodo di instabilità politica. Il regime dello Scià, accusato di corruzione e di essere troppo filo-occidentale, si scontrò con l'opposizione crescente guidata dal Ayatollah Ruhollah Khomeini, una figura carismatica e influente, esiliato in Francia. Nel 1979, dopo mesi di disordini e proteste di massa, lo Scià fu costretto a lasciare il Paese. Il 1° febbraio 1979, Khomeini fece ritorno in Iran e il 12 febbraio venne proclamata la Repubblica Islamica.
Il nuovo regime, sotto la guida di Khomeini, adottò una posizione ostile verso gli Stati Uniti, considerati responsabili del sostegno allo Scià. L'occupazione dell'ambasciata statunitense a Teheran nel novembre 1979, con la cattura di 52 ostaggi, portò a una lunga crisi internazionale che rafforzò il controllo del nuovo regime.
Dopo la morte di Khomeini nel 1989, la leadership spirituale dell'Iran passò a Seyed Ali Khamenei, mentre il potere politico fu assunto da Ali Akbar Rafsanjani, eletto presidente nello stesso anno. L'Iran continuò a giocare un ruolo centrale nella geopolitica del Medio Oriente, coinvolto in conflitti regionali e tensioni con l'Occidente, ma mantenendo sempre una forte identità nazionale basata sull'eredità islamica sciita e sulla cultura persiana millenaria.