Loading...
La storia della Repubblica Centrafricana è un intreccio di culture, migrazioni e influenze esterne. Le sue radici precoloniali, avvolte nel mistero per la scarsità di documenti, raccontano di popoli antichi e movimenti migratori che hanno plasmato la ricca diversità etnica del paese.
Il territorio centrafricano vanta una lunga storia di insediamenti umani, risalenti a tempi remoti. Le prime popolazioni ad abitare la regione furono i pigmei della foresta meridionale e diverse comunità bantu stanziatesi nella savana. A partire dal XVI secolo, ondate migratorie di popoli sudanesi provenienti dalle aree saheliane più settentrionali si sovrapposero ai bantu, in un continuo processo di amalgama e scambio culturale.
Alla fine del XIX secolo, l'Africa era ormai preda della corsa al colonialismo europeo. La regione centrafricana, all'epoca priva di unità politico-amministrative strutturate, ad eccezione di alcuni sultanati nella zona orientale, attirò l'attenzione di due figure chiave: Pietro Savorgnan di Brazzà e Henry Morton Stanley.
Brazzà, esploratore friulano naturalizzato francese, e Stanley, agente al servizio del re del Belgio, si contesero il controllo del bacino del Congo. Brazzà, giunto sul fiume quasi contemporaneamente a Stanley, riuscì a conquistare per la Francia l'area situata sulla sponda destra dell'Ubanghi e del Congo. La Conferenza di Berlino del 1885 sancì la spartizione del territorio tra Belgio e Francia, assegnando all'amministrazione francese l'Ubanghi-Sciari, futuro embrione della Repubblica Centrafricana.
Nel 1890 venne fondato Bangui, l'odierna capitale, e nel 1894 l'Ubanghi-Sciari venne integrato nell'Africa Equatoriale Francese, con Brazzaville come centro amministrativo. La Francia, tuttavia, dimostrò scarso interesse per questa colonia, considerata remota e poco sfruttabile. L'Ubanghi-Sciari divenne una riserva di manodopera forzata, con gli indigeni deportati verso le piantagioni costiere in condizioni di lavoro durissime.
All'inizio del XX secolo, il governo francese concesse la colonia a compagnie commerciali che imposero agli indigeni tasse vessatorie e condizioni di lavoro insostenibili. La frustrazione sfociò in una serie di ribellioni tra il 1928 e il 1934, represse con severità. Dopo la Prima Guerra Mondiale, l'amministrazione francese tentò di migliorare la situazione, incentivando le coltivazioni alimentari e creando un sistema di comunicazione rudimentale.
Nel tumultuoso periodo post-bellico del 1946, l'Ubanghi Sciari, si trovava ad affrontare una transizione critica dopo la Seconda Guerra Mondiale. Immersa nel sistema dell'Unione Francese, questa regione era rimasta uno degli Stati meno considerati, in parte a causa dell'assenza di una leadership indigena consolidata e di uno spirito nazionale distintivo. Tuttavia, l'intervento di Barthélemy Boganda avrebbe rivoluzionato la storia di questa nazione, sconvolgendo l'ordine coloniale e aprendo la strada all'indipendenza.
Boganda, il primo prete cattolico dell'Ubanghi Sciari, emerse come il catalizzatore del cambiamento, sfidando coraggiosamente l'ingiustizia e la supremazia coloniale. La sua visione era chiara: migliorare il tenore di vita delle popolazioni indigene, combattendo contro il lavoro obbligatorio e l'ingiusta economia coloniale che favoriva le colture di piantagione a discapito di quelle alimentari. L'ascesa di Boganda portò con sé una fervente lotta politica e sindacale, centrata sull'uguaglianza dei diritti tra bianchi e africani. Fondò il "Movimento per l'Evoluzione Sociale dell'Africa Nera", un'organizzazione determinata a plasmare un futuro equo e prospero per la regione.
Tuttavia, consapevole che l'Ubanghi Sciari avrebbe avuto limitate opportunità di sviluppo entro i confini della Conferenza di Berlino, Boganda si impegnò per unire le colonie dell'Africa Equatoriale Francese in uno stato unificato. Il suo ambizioso sogno di unire la Repubblica Centrafricana con il Congo belga e l'Angola portoghese, in un'unica grande nazione chiamata "Oubangui-Chari", si scontrò con la dura realtà della spartizione coloniale. Le potenze europee non erano disposte a cedere il controllo dei loro territori, e il sogno di Boganda rimase tale.
Nonostante la delusione, Boganda ottenne un importante successo: la trasformazione dell'Ubanghi Sciari in una Repubblica autonoma all'interno della Comunità Francese nel 1958. Il nome "Repubblica Centrafricana" venne adottato in questo periodo, seppur riferito ad una nazione ancora legata alla Francia. La tragica fine di Barthélemy Boganda giunse il 29 marzo 1959, quando perse la vita in un incidente aereo. La sua eredità, però, avrebbe continuato a plasmare il destino della Repubblica Centrafricana. L'indipendenza completa, ottenuta il 13 agosto 1960, vide suo cugino David Dacko assumere il potere. Il suo governo, però, si scontrò con numerose sfide, tra cui la corruzione e l'instabilità politica. Il malcontento sfociò nel colpo di stato del 31 dicembre 1965, che portò al potere Jean Bedel Bokassa.
Gli anni di Bokassa al potere (1966-1979) rappresentano un capitolo oscuro nella storia africana. Salito al potere con un colpo di stato, egli instaurò un regime dittatoriale caratterizzato da repressioni brutali, torture e massacri. La sua paranoia lo spinse a imprigionare, torturare e uccidere chiunque considerasse un oppositore, reale o presunto. Un esempio emblematico della sua crudeltà è l'uccisione a bastonate di 46 persone incarcerate per furto, a cui Bokassa stesso partecipò per "dare una pubblica lezione ai ladri".
La megalomania di Bokassa si manifestò in una politica economica dissennata. Spese ingenti somme in progetti faraonici e in beni di lusso, arricchendo le ditte europee che ne assecondavano le follie. Il saccheggio delle risorse del paese, uno dei più poveri dell'Africa, si fece sistematico.
Per alimentare il suo regime, Bokassa si avvalse di una politica estera opportunistica. Si convertì all'Islam per ottenere un prestito da Gheddafi, si proclamò ammiratore di Mao per ricevere aiuti da Pechino, e si avvicinò al Sudafrica filocolonialista. Nel 1975 riallacciò i rapporti con la Francia, dopo averli clamorosamente interrotti nel 1972. Il nuovo presidente francese, Valéry Giscard d'Estaing, ignorando le brutalità del regime, fornì a Bokassa ingenti aiuti economici e sostegno politico.
Nel 1977, in un delirio di onnipotenza, Bokassa si fece incoronare imperatore con una cerimonia grottesca e costosissima, alla quale parteciparono ambasciatori di potenze industriali interessate alle ricchezze minerarie del paese. Il suo regno sarebbe probabilmente durato a lungo, se non fosse stato per l'atroce massacro di un centinaio di ragazzini nel 1979, denunciato da Amnesty International. L'indignazione internazionale portò alla caduta di Bokassa, che fuggì in Libia nel 1979.
Dopo la deposizione di Bokassa, il paese tentò di ricostruirsi sotto la guida di David Dacko, che restaurò la Repubblica. Tuttavia, la situazione politica rimase instabile. Nel 1981 fu adottata una nuova Costituzione che introduceva il multipartitismo, ma un colpo di stato militare nel 1981 instaurò un regime monopartitico. Solo nel 1993, con l'elezione di Ange-Félix Patassé, si avviò un ritorno al multipartitismo.
La Repubblica Centrafricana continua ad affrontare enormi sfide. La corruzione, la povertà, la violenza e l'instabilità politica sono ancora dilaganti. Il paese è stato recentemente sconvolto da una guerra civile che ha causato migliaia di morti e un drammatico esodo di profughi.