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La Serbia, popolata da Slavi del Sud tra il VI e il VII secolo e cristianizzata nella seconda metà del IX secolo, è emersa come una forza egemone nella regione balcanica fin dall'antichità. Dopo il Mille, la Serbia si sottrasse alla tutela bizantina e si costituì come stato indipendente sotto il re Costantino Bodin (1081-1101). Il vero consolidamento dello stato serbo avvenne sotto la dinastia dei Nemanjic. Nel 1220, Stefano I Nemanjic fu incoronato re di uno stato chiamato poi Grande Serbia, che in un secolo estese i suoi confini fino a includere l'impero bulgaro, la Macedonia, l'Albania, l'Epiro e quasi tutta la Tessaglia, arrivando a toccare l'Adriatico, lo Ionio e l'Egeo.
Un fattore cruciale per la stabilità della Grande Serbia fu la Chiesa autocefala serba. I monasteri serbi non solo preservavano la religione ortodossa e la cultura bizantina, ma fungevano anche da centri di cultura locale. Tuttavia, la Grande Serbia fu infine destabilizzata dagli Ottomani, che sconfissero i serbi nella battaglia sul fiume Marica nel 1371. La conquista ottomana fu completata nel 1459, quando cadde anche la regione settentrionale del despotato di Serbia.
Nonostante alcune rivolte, la dominazione turca continuò fino al XIX secolo. Nel 1830, la Serbia ottenne l'autonomia e nel 1878 l'indipendenza, sancita dal Congresso di Berlino. Durante l'Ottocento, il movimento culturale dell'illirismo cercò di sottolineare i comuni aspetti storico-culturali che legavano i popoli di Slovenia, Croazia, Serbia, Bosnia e Montenegro. Tuttavia, l'ingerenza dell'impero austro-ungarico creò tensioni che culminarono nell'attentato di Sarajevo contro l'arciduca Francesco Ferdinando, evento scatenante della prima guerra mondiale.
Dopo la prima guerra mondiale e la dissoluzione degli imperi austro-ungarico e ottomano, nel 1918 nacque il Regno dei Serbi-Croati-Sloveni (SHS), con Pietro I Karageorgevic come sovrano. Tuttavia, il predominio serbo generò opposizioni, specialmente in Croazia, dove il gruppo degli ustascia organizzò l'assassinio del re Alessandro I nel 1934. Durante la seconda guerra mondiale, la Croazia proclamò l'indipendenza sotto Ante Pavelic, ma nel 1945, con la liberazione dal nazismo, prevalse la tendenza all'unificazione, dando vita alla Repubblica Socialista Federativa Jugoslava sotto la guida di Josip Broz Tito.
Tito governò la Jugoslavia per quasi quarant'anni, cercando un socialismo indipendente dalla tutela sovietica. Dopo la sua morte nel 1980, le tensioni nazionaliste riemersero, culminando nella guerra civile dei primi anni '90. Slovenia, Croazia e Bosnia-Erzegovina proclamarono l'indipendenza, portando alla formazione della Repubblica Federale di Jugoslavia, limitata a Serbia e Montenegro, nel 1992. La comunità internazionale non riconobbe questa nuova entità e la condannò per le sue responsabilità nei conflitti delle ex repubbliche federate.
Nel 1998, sotto la presidenza di Slobodan Milosevic, le tensioni in Kosovo portarono all'intervento della NATO a sostegno dei guerriglieri indipendentisti kosovari, con pesanti bombardamenti sulla Serbia. Dopo un cessate il fuoco nel 1999, Milosevic fu sconfitto nelle elezioni del 2000 e arrestato l'anno successivo, venendo consegnato al Tribunale Penale Internazionale. Nel 2002, la Serbia e il Montenegro si trasformarono in una confederazione, che durò fino al 2006, quando un referendum sancì l'indipendenza del Montenegro.
La storia della Serbia è segnata da momenti di grandezza e crisi, ma rimane un paese ricco di cultura e storia, con un ruolo centrale nei Balcani.