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Qualsiasi apertura della crosta terrestre dalla quale fuoriesca
magma, (entità che può contenere parti solide,
liquide o gassose) viene chiamata vulcano. Ad ogni vulcano
corrisponde necessariamente un bacino magmatico, o camera magmatica,
a una profondità di diversi chilometri nel sottosuolo. È il
bacino a contenere quel magma che trova sfogo verso la superficie
tramite il camino, o condotto vulcanico, il canale alla cui
sommità si trova il cratere, il punto dal quale il magma
stesso si riversa sul territorio circostante sotto forma di
lava (cioè di roccia allo stato fuso) oppure attraverso
l'espulsione di corpi solidi delle dimensioni più disparate.
Se nella fase conclusiva dell'eruzione di un vulcano, lo svuotamento
della camera magmatica provoca il crollo del cratere e della
montagna conica sottostante, la depressione che ne resta prende
il nome di caldera.
Come nascono i vulcani. La nascita di un vulcano è dovuta
di solito allo sprofondamento di una zolla terrestre al di sotto
di un'altra zolla più leggera. Questo spostamento verso
il basso provoca un enorme innalzamento delia temperatura (con
valori che superano i mille gradi) e la conseguente fusione del
materiale roccioso che si trasforma in magma. Il magma a questo
punto tende a ritornare verso la superficie. Facendosi largo, si
apre uno spiraglio nella crosta terrestre dando così vita
a un vulcano. Ma vi sono anche i vulcani sottomarini che si formano
invece per le spaccature che si aprono nella crosta terrestre in
seguito all'allontanamento reciproco delle zolle lungo le dorsali
oceaniche.
Che cosa eruttano i vulcani. In ogni eruzione, dal cratere del
vulcano fuoriescono lava, gas e materiali solidi. La lava di un
vulcano, altro non è che roccia fusa che si sparge sotto
forma di colata a una temperatura compresa fra i 1.000 e i 1.200
gradi. Sempre presenti sono anche i gas. Normalmente si tratta
di biossido di carbònio, vapore acqueo e ossidi dello zolfo
che possono avere comportamenti molto diversi: possono mescolarsi
in maniera uniforme al magma presente nel sottosuolo dando vita
a una colata lavica priva di particolari rischi, oppure possono
restare distinti dal magma cercando una propria via verso la superficie.
In questo secondo caso i gas danno vita a eruzioni di tipo esplosivo.
Tutti gli oggetti solidi che fuoriescono dal vulcano durante un'eruzione
sono chiamati materiali piroplastici. Questo materiale si suddivide
a seconda delle dimensioni. Gli oggetti più piccoli, fino
a due millimetri, si definiscono ceneri, mentre quelli più consistenti,
fino a sei centimetri, vengono chiamati lapilli. Al di sopra dei
sei centimetri (e dal cratere di un vulcano, possono essere sparati
materiali anche del peso di svariate tonnellate) tutto viene classificato
come bomba vulcanica. In particolari circostanze i gas di un vulcano,
possono miscelarsi alle ceneri incandescenti dando vita alle cosiddette
nubi ardenti. Si tratta di enormi nuvole di materiale infuocato
che discendono o si spostano lungo i fianchi del vulcano con una
spaventosa forza distruttiva. Ma vi è anche un altro potenziale
fattore di distruzione in una eruzione: il fango. Il rischio che
enormi colate non più di lava ma di fango piombino a valle
su colture o centri abitati è enorme quando l'eruzione di
un vulcano avviene in corrispondenza di nevi o ghiacciai. Queste
colate fangose vengono chiamate "Lahar".
Oltre alla preliminare distinzione fra vulcani
subaerei (cioè con il cratere al di sopra del livello del
mare) e sottomarini, le possibili classificazioni sono numerose.
La più significativa è quella che li distingue a
seconda del loro comportamento. I vulcani possono perciò essere
di tipo: 1) Havvaiano, quando le eruzioni sono di solito tranquille
grazie ad una lava molto fluida che si sparge senza sconvolgimenti
attorno al cratere formando coni larghi e piatti. Ne sono esempio
i vulcani del Pacifico; 2) Stromboliano, dal nome del vulcano nell'arcipelago
delle Eolie, se la loro lava pur essendo abbastanza fluida ribolle
nel cratere dando vite a esplosioni e a lanci di materiale incandescente;
3) Vulcaniano, e anche in questo caso l'origine del nome è da
ricercarsi nelle Eolie, se la lava è molto viscosa tanto
da rendere diffìcile il deflusso dal cratere, al punto da
provocare enormi esplosioni e l'apertura di squarci; 4) Peleano,
dal vulcano di La Pelée nelle Antille, quando la lava è talmente
densa da consolidarsi nel camino. In questo caso sono i gas sottostanti
a spingerla fuori favorendo la formazione di nubi ardenti. Autore
di questa classificazione fu il geologo francese Lacroix (1867-1948).
Le manifestazioni del magma che cerca
spazio per arrivare alla superficie della terra possono essere
molto diverse. Vi sono le eruzioni 1) Sottomarine, sempre violente
dal momento che il magma incandescente esplode a contatto con l'acqua.
Se il cono del vulcano riesce a emergere dalle acque, sulle sue
pendici possono formarsi rivestimenti rocciosi grazie alle colate
laviche, altrimenti la forza dei moti ondosi distrugge in brevissimo
tempo queste isole appena formate. Se l'eruzione avviene a una
profondità superiore ai 300 metri nulla si nota in superficie;
2) Effusive, quando il magma emerge sotto forma di lava fluida
che scende dal cratere a velocità costante. È l'eruzione
tipica dei vulcani di tipo havvaiano; 3) Freatiche, quando la salita
verso la superficie del magma provoca la rottura di rocce vicine
ad una falda acquifera. Si genera così del vapore acqueo
che apre il varco verso l'esterno sparando dal cratere i frammenti
delle rocce che si trovavano accanto alla falda; 4) Stromboliane,
quando a una lava di elevata consistenza si accompagnano gas che
causano esplosioni sparando bombe vuicaniche dai fianchi del cono;
5) Pliniane, quando all'interno del camino, ad elevata profondità,
avviene un'esplosione provocata dalla commistione fra magma molto
viscoso e gas. Il camino allora assume la funzione di canna di
fucile e il botto spara verso l'esterno (a una velocità che
può superare quella del suono) tonnellate e tonnellate di
ceneri e altro materiale. Queste eruzioni devono il proprio nome
a Plinio il Vecchio, il naturalista che morì osservando
l'eruzione del Vesuvio nel 79 d.C.
Nel mondo si conoscono circa 700 vulcani attivi,
di cui il 60% è concentrato nella zona del Pacifico dove
forma il cosiddetto anello di fuoco circumpacifico. Ecco alcuni
fra i più importanti vulcani del mondo. 1) Erebus. Situato
in Antartide, è il vulcano più meridionale del pianeta
e ha nel cratere un lago di lava attiva; 2) Villarrica. Collocato
nel Cile centrale, la colata di fango che seguì all'eruzione
del 1971 costò diverse vite umane; 3) Cotopaxi. Alto quasi
6.000 metri, in Ecuador, ha all'attivo decine di eruzioni documentate,
l'ultima delle quali risale al 1942; 4) Fernandina. Il più attivo
delle Galapagos, nel 1968 produsse un'eruzione esplosiva di tale
potenza che la caldera sprofondò di 350 metri; 5) Fuji.
Il più famoso fra quelli giapponesi, per la forma a cono è il
prototipo di tutti i vulcani. La sua eruzione del 1707 sparse ceneri
fino a Tokyo; 6) Santorino. L'esplosione di questo vulcano del
mare Egeo nel 1500 a.C. distrasse la città di Akroteri e
si pensa che l'evento possa aver generato il mito di Atlantide;
7) Krakatau. A questo vulcano indonesiano si deve la più grande
esplosione mai registrata dalla storia. Accadde nel 1883, quando
il rumore fu udito a 4.000 chilometri di distanza; lo sprofondamento
della caldera larga sei chilometri causò, un'onda di maremoto
che costò la vita a 36.000 persone; 8) Tambora. Anch'esso
indonesiano, è stato il protagonista di un'altra eruzione
cataclismatica. Avvenne nel 1815 e si ritiene vi siano morte 10.000
persone mentre altre 80.000 perirono in una carestia provocata
dalla perdita dei raccolti. Si pensa addirittura che queii'esplosione
possa aver modificato il clima del pianeta. 9) Haimaey. Situato
sull'isola islandese di Vestmann, nel 1973 ha ricoperto il paese
vicino di cenere e lapilli. Oggi gli abitanti riscaldano l'ospedale
con il suo vapore. 10) Etna. È considerato un vulcano non
particolarmente pericoloso, con attività in prevalenza sulla
cima; 11) Stromboli. Detto "II faro del Mediterraneo", è in
attività continua da due millenni; 12) Vesuvio. Celebre
per l'eruzione che distrasse Pompei nel 79 d.C, è in potenza
uno dei vulcani più pericolosi. La sua ultima eruzione risale
al 1944. Ignorato dalla attuale pianificazione urbana circostante,
esso costituisce un pericolo estremo per la vasta area limitrofa,
densamente popolata. L'ostruzione dei canali e del cratere con
detriti impedisce ormai segnali anticipatori di eventi potenzialmente
catastrofici; 13) La Pelée. Situato nelle Antille, questo
vulcano nel 1902 con una nube ardente spazzò via la sua
isola e i suoi abitanti. 14) Ruapehu. Situato nell'isola del Nord
in Nuova Zelanda, è tristemente famoso per la colata di
fango che la vigilia del Natale del 1953 spazzò via un treno
uccidendo 151 persone; 15) St. Helens. Nel 1980 la sua esplosione
sconvolse gli Stati Uniti. Distrusse 400 chilometri quadrati di
foresta e la cima, allora alta 2.950 metri, si abbassò di
400 metri. Morirono 65 persone.
Dal XVII secolo a oggi sono state ben sei le eruzioni dei vulcani, che hanno provocato ciascuna più di ottomila vittime, direttamente o per gli effetti dell'eruzione stessa sull'ambiente circostante. A causare la prima di queste tragedie, nel 1783, fu il vulcano Laki in Islanda: 9.350 le vittime. Nel 1792 toccò al vulcano giapponese Unzeu che costò la vita a 14.300 persone. Si passa quindi alla tragedia indonesiana del Tambora che nel 1815 fece 92.000 vittime. Nel 1883 a essere colpita fu ancora l'Indonesia: il Krakatau uccise 36.417 persone. Un'intera isola andò distrutta quando nel 1902 esplose il La Pelée, alle Antille; morirono tutti i 29.025 abitanti. Infine nel 1985 la tragedia del Nevado del Ruiz, quando 23.000 colombiani trovarono la morte travolti da una colata di fango.